Una donna non convenzionale: Hedy

Cosa pensate che accomuni un’anziana cleptomane, il film con la prima scena di nudo integrale nella storia del cinema e il sistema wi-fi?

È lei, la bellissima Hedy Lamarr, la diva di “Sansone e Dalila”, una delle attrici più affascinanti e altrettanto enigmatiche della sua epoca.
Raccontare di lei vuol dire seguire tanti di quei fili che facilmente ci si rimane annodati dentro. Una donna che ha lottato soprattutto per essere se stessa, per poter affermare la propria identità.
Se cerco di riordinare i frammenti della vita di Hedy, direi che il cuore di tutto, il primo filo da cui partire, è Vienna, la città in cui nasce il 9 novembre 1914 con il nome di Hedwig Eva Maria Kiesler, e dalla quale scappa, anni dopo, per fuggire dalle morse di un marito morbosamente geloso, che l’aveva praticamente reclusa nella sua lussuosissima villa. Città che Hedy ricorderà sempre con affetto, sostenendo di voler tornare a vivere lì, prima o poi, cosa che non capiterà mai. La vedranno le sue ceneri, invece, che saranno disperse, come da sua disposizione, nella Selva Viennese.
Hedy, già da ragazzina, ama recitare ed è bellissima, una bellezza che farà scuola, e raggiunge ben presto la notorietà, anche se in modo inconsueto. È lei il primo nudo integrale femminile della storia del cinema con il film “Estasi”, pellicola che crea scandalo. È il 1933, Hedy ha diciotto anni e, davanti ai genitori furibondi per le scene in cui compare “come mamma l’ha fatta”, balbetta una serie di scuse per giustificare la sua nudità. La versione che Hedy porterà di questa storia cambierà spesso, negli anni, dirà di non aver saputo di dover recitare nuda fino al giorno delle riprese, ad esempio, per cui non si capirà mai bene quale fosse la verità. A ogni modo, “Estasi” sarà per lei una pietra miliare che talvolta le farà da apripista e talvolta da inciampo, verrà riproposto censurato o modificato, in patria e altrove, in base alle esigenze.
Ma per il momento, alla scalpitante Hedy, il padre vieta di recitare. La ragazza, subito dopo, incontra e sposa Fritz Mandl, di quattordici anni più vecchio di lei, uno dei maggiori mercanti d’armi europeo degli anni Trenta. La vita con Fritz è un inferno: l’uomo è possessivo all’inverosimile e rinchiude la moglie nella bellissima villa, controllata a vista dalla servitù. L’unico momento in cui Hedy, all’epoca ancora Hedwig, può respirare è durante i fastosissimi ricevimenti in cui il marito invita gli uomini più influenti d’Europa, tra cui Hitler e Mussolini (quest’ultimo, tra l’altro, pare abbia una vera passione per “Estasi”). In quelle occasioni, Hedy assiste a conversazioni sulla politica, sulle armi e le nuove tecnologie belliche, ma nessuno si preoccupa della sua presenza: cosa mai potrà capire una bellissima e giovane donna, di questi argomenti? Eppure, è proprio da qui che parte un altro filo della vita di Hedy, filo che rimane trasparente per moltissimi anni e ricomparirà più avanti, quando ormai è un’attrice affermata di Hollywood. Sì, perché nel frattempo, siamo nel 1937, Hedy riesce a scappare dalle grinfie di Fritz, con una rocambolesca quanto leggendaria fuga a Parigi, travestita da una delle sue cameriere, assunta da lei proprio per la grande somiglianza fisica. Hedy si sposta a Londra e poi in America.

Il suo debutto a Hollywood lo deve al produttore Louis B. Mayer della Metro Goldwin Mayer (avete presente? Quella con il leone), che inizialmente non la vuole per quella macchia nera rappresentata da “Estasi”, ben distante dall’immagine pulita che le famiglie americane vogliono vedere al cinema. Ma alla fine, Mayer cede alla bellezza della ragazza austriaca e da lì parte la sua carriera cinematografica, a fianco di attori del calibro di Clark Gable, Spencer Tracy, Judy Garland, James Stewart, con film che hanno grande successo e altri decisamente mediocri, ma, in qualunque contesto la si ponga, è sempre la bellezza magnetica di Hedy a dominare la scena. La sua è una presenza che intrappola e lo sanno bene i suoi ulteriori cinque mariti. “Con gli uomini sono davvero una peste”, dice l’attrice: “Me ne rendo conto, lo so, sono difficile. Non li faccio sentire come una donna secondo loro dovrebbe, grandi e forti. Mi spiace ma ho un cervello, ragiono in proprio”, per poi concludere con: “E comunque alla fine faccio sempre a modo mio”.

 

E il cervello di Hedy non ce la fa a stare fermo, si arrovella anche su questioni che, all’apparenza, non le sono vicine. Siamo alla fine dell’estate del 1940, in Europa imperversa la Seconda Guerra Mondiale, i nazisti hanno appena invaso la Francia, e Hedy, che sente di appartenere ancora al vecchio continente, non vuole stare con le mani in mano. Da lei ci si aspetta un’azione da attrice hollywoodiana, beneficenza o cose simili, e invece Hedy confida all’amico musicista George Antheil di molte sue conoscenze su questioni militari e armi segrete, apprese anni addietro nella villa del primo marito Fritz Mandel, quando questo ne parlava apertamente senza immaginare che la moglie potesse comprendere alcunché. I due, Hedy e George, mettono quindi a punto un brevetto, sfruttando le capacità tecniche del musicista, il cui punto forte è un balletto animato da sedici pianoforti meccanici sincronizzati suonati da un unico compositore. Dalla collaborazione di queste due menti, entrambe distanti anni luce dall’industria bellica, nasce il Secret Communication System, un sistema per guidare via radio i siluri, impedendo intercettazioni nemiche, in un momento storico in cui il mondo è assetato di nuove tecnologie per dominare uno qualsiasi dei terreni su cui avere un vantaggio sul nemico. Il sistema suggerito da Hedy si basa sul frequency hopping, sostanzialmente su un continuo cambio di frequenze dei segnali radio dalla nave al siluro usando una sequenza che pare casuale ma che in realtà non lo è, al quale George applica la tecnica dei rotoli di carta perforati che utilizza per i suoi pianoforti meccanici, permettendo di sincronizzare, in questo caso, il trasmettitore e il ricevente dei segnali radio.

Il brevetto, messo a punto con l’aiuto del fisico Samuel Stuart McKeown, esperto in telecomunicazioni, che riempie i buchi teorici della diva e del musicista, viene approvato l’11 agosto del 1942, ma non verrà preso in considerazione dalla Marina Militare, forse perché l’accoppiata dei suoi inventori non convince o forse perché è un’idea talmente geniale, nella sua semplicità, che non è facile intuirne l’enorme portata. Quello che il Secret Communcations System anticipa, infatti, è lo spread spectrum, il sistema alla base della telefonia mobile. È dal 1955 in avanti che l’idea di Hedy e George verrà rispolverata e sarà alla base di altre innovazioni tecnologiche quali il monitoraggio radio di sommergibili e la guida via radio di droni. Nel 1962, ad esempio, il sistema verrà integrato nelle navi impegnate nel blocco di Cuba.

Hedy, superata questa parentesi da inventrice, prosegue con la sua carriera da attrice, connotata, come sempre, da alti e bassi. Inizia un periodo difficile in cui la diva fa fatica a controllare il suo instabile equilibrio mentale, compare soprattutto in televisione, dipinge e cambia continuamente casa. Si concede un ultimo matrimonio, che ben presto fallisce. La notorietà ritorna, come sempre per Hedy, in modo inconsueto: nel 1966, che è anche l’anno della pubblicazione della sua autobiografia, l’attrice viene arrestata per un furto in un grande magazzino. Sebbene la diva abbia sottratto refurtiva per un totale di ottantasei dollari, nella sua borsa ci sono circa quattordicimila dollari, in due assegni accartocciati e intestati a lei. Hedy si trova spaesata dall’arresto, lei reputa il suo vizietto qualcosa di assolutamente inoffensivo ma, a ogni modo, viene ben presto assolta. In risposta, Hedy fa causa ai grandi magazzini, chiedendo cinque milioni di dollari per danni alla sua immagine e, in un periodo a digiuno di offerte cinematografiche, si dedica a intentare azioni legali a ogni piè sospinto. Negli anni Settanta, la cleptomania di Hedy è accompagnata da una semi-cecità causata dalla cataratta e dalla sua ferma posizione di non utilizzare occhiali da vista. Riacquista la vista tempo dopo, in seguito a un intervento, e questo sembra darle nuova energia: si getta in nuove imprese, disegna una linea di gioielli, investe in Borsa, quasi mai assecondando il suo broker e quasi sempre avendo ragione lei. La sua fama di inventrice torna alla ribalta, con un ennesimo colpo di coda, nel 1997, quando, all’età di ottantatré anni, le viene conferito il premio “Pioneer Award” per l’invenzione sua e di George Antheil (già deceduto nel 1959, senza godere della fama del suo brevetto). Questo è solo il primo di numerosi premi che le vengono attribuiti per l’idea del frequency hopping spread spectrum, la tecnologia che ha aperto le porte alla comunicazione wireless, alla telefonia mobile, al bluetooth, al Wi-fi, alla rete cellulare Gsm e 3G e che è stata depositata nel brevetto numero 2.292.387 nel lontano 1942. Ma di tutta questa vicenda, quello che più mi ha colpito è la risposta di Hedy alla reazione mediatica sollevata dalla notizia del premio “Pioneer Award”. Parliamo di una vecchina di ottantatré anni, una donna che porta sulle spalle il peso di molte vite, di una celebrità voluta ma difficile da vivere e da mantenere e di un carattere forte, egocentrico e decisamente poco convenzionale. È lì, nella sua casa in Florida, dove vive dei ricordi della sua storia pazzesca e la stampa, quella stampa che consacra da sempre il successo o il fallimento di una celebrità, le chiede una dichiarazione in merito al premio scientifico. Hedy solleva un sorrisino sarcastico e, con l’ironia che l’ha sempre contraddistinta, risponde: “Era ora”.

Hedy Lamarr muore il 19 gennaio 2000, all’età di ottantasei anni. Ho letto la sua storia, che ho incrociato per caso, nella bellissima biografia di Edoardo Segantini “Hedy Lamarr, la donna gatto”. Ho cercato di riassumere in questo post alcuni degli aspetti che più mi hanno colpito di questa donna, sebbene ce ne siano molti altri che ho dovuto trascurare per non dilungarmi troppo. Leggendo di lei ho pensato a tutte le volte che è stato detto a una donna di non poter fare qualcosa in quanto tale, in quanto bella, brutta, bionda, in quanto madre, moglie, per il suo ruolo o la sua professione. Lei ha scavalcato ogni convenzione, in un modo del tutto nuovo, che non ha neppure a che fare con il femminismo o il sessismo.
Tutto ciò che ha voluto fare lo ha fatto in quanto lei: Hedy.

 

 

Se volete approfondire la storia di Hedy Lammarr, sono presenti molte informazioni sul web o nel libro di E. Segantini.
Se vi piace il mio stile, trovate quello che scrivo nella mia pagina https://www.chiaraferraris.it/ o nella mia pagina Facebook Ortiche di Seta.
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