“Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno
per cui fatica sotto il sole?”
(Qoelet 1, 1-3)
Qualche tempo fa ho avuto il fuoco di Sant’Antonio. Chi lo ha provato, sa perché si chiama così.
Io l’ho avuto al braccio destro, quello con cui mangio, scrivo, mi lavo i denti. Dove ho il tatuaggio con le iniziali della mia famiglia. Esattamente lì. Fino a quando non ti viene a mancare, non lo sai a cosa ti servono ben due braccia e due mani. A come sia difficile compensare. Muovevo il braccio lentamente e sentivo questi spilli pungermi dalla punta delle dita fino alla spalla. Poi è passato, c’è voluto un po’, ma è passato, per un po’ mi sono detta che non l’avrei dimenticato ma, infine, è successo.
Ogni tanto, quando sono stanca, li risento. Non so se sia davvero così, se in qualche parte del mio braccio ci siano dei nervi che risentono ancora del virus, o se si è creato un nuovo circuito sinaptico nel mio cervello che associa la stanchezza al dolore del fuoco. Però sento il braccio intorpidirsi e gli spilli salire su, fino alla spalla.
E allora mi chiedo se sia necessario che il dolore si comporti così. Che ritorni, come la risacca, che ti ricordi che c’è stato e che, se vuole, se capita, può farsi vivo di nuovo. Che è inevitabile, che se ne frega dei tuoi programmi, appuntamenti, del tuo dettagliatissimo piano di eventi che avevi escogitato a tavolino, appuntando sul calendario ogni minuto della tua vita.
Lui arriva e si prende tutto. Tutto. E ti dice, fermati. Il mondo gira anche senza di te, lo sapevi? Guarda che laggiù, in mezzo al Sistema Solare, non ci sei tu, sai? C’è il Sole. Ben più grande e potente di te. E non solo. Anche quella stella è niente in confronto a ciò che la circonda.
E allora, di che ti affanni?
Fermati. Ora ascolta solo il tuo dolore. Che ti dice chi sei, a cosa tieni, perché è lì, tra le tue lacrime, che devi cercare i frammenti insostituibili della tua vita. Il resto, quello che oggi non ti ricordi, che sparisce sotto un’ondata di brividi, è il superfluo.