Non cedo il nostro amore

Non cedo il nostro amore a un lucchetto.
Perché non è una prigione, una gabbia le cui sbarre recitano “tu ed io”. Perché nessuno può tenerne la chiave gelosamente stretta tra le mani. Né tu né io.
Lo cedo al mare, invece.
Al sale che brucia, perché l’amore fa questo, infiamma la pelle, le viscere, nell’intimo, fino al midollo, lo contamina. Alle onde che si fanno lacrime, le lavano via ma ne sono anche il motivo più profondo. Perché un’onda ritorna, ma non è mai la stessa.
Lo cedo al cielo, vasto e vario, che non so neppure di cosa è fatto, lo respiro ma non lo tocco, inconsistente ed essenziale. Al cielo sereno, che dà la pace delle belle giornate, e alla burrasca, a tuoni e fulmini, perché quando l’amore fa stare male non posso starmene zitta, devo impazzire e urlare e farmi lampeggiante.
Lo cedo alle cime dei monti, alla fatica che faccio a raggiungerle, a tutte le volte che vorrei rinunciare, che penso non faccia per me, quella vetta, e alla vittoria dell’ultimo passo, oltre non si può, oltre c’è il baratro, ma oltre c’è il mondo ai miei piedi, le valli che si sdraiano sotto la schiena della montagna, l’orizzonte che diventa infinito, perché un amore può anche essere difficile, ma conquistarti per tutta la vita.
Lo cedo ai prati. Quelli che a guardarli nasce un solo pensiero: correre, correre finché il fiato non ce la fa più. Rotolarci in mezzo. Scalza. Nuda. Sentire l’erba pungere il corpo, perché l’amore non può restare muto, deve farsi sentire, deve punzecchiare, deve risvegliare i sensi, anche quelli più nascosti.
Lo cedo agli odori buoni. Il fieno di fine estate. La terra dopo la pioggia. Aghi di abeti a Natale. Il caffè all’alba. Un libro vecchio. Un quaderno nuovo. La mia sciarpa preferita. Le cantine polverose. La tua pelle insieme alla mia. Se dovessi dare un profumo al nostro amore, be’, vedi, vorrei che fosse l’essenza di tutte queste cose, da annusare quando sono triste, per ripescare in un istante, nel groviglio confuso della mia testa, solo memorie belle, confortanti. Perché non ci deve volere molto per ricordarsi di un amore.
Lo cedo alle tue mani. Quelle che sanno lavorare, applaudire, cucinare. Sanno fare moltissime cose. Le tue mani, che sanno assumere la forma del mio corpo. Sapranno accogliere un amore così: fragile e tenace, mai uguale a se stesso, che si nutre di ricordi e colori nuovi, imprevedibile ed affidabile.
Lo cedo alla vita: che si viva, un amore così, che si lasci vivere, che non si incateni mai, che sia libero di essere quello che è e noi di accettarlo per quello che è.

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