Il ritorno dei partigiani

25 aprile. Festa della Liberazione.
Oggi, più che mai, dobbiamo ricordare e onorare la festa della liberazione.

IL RITORNO DEI PARTIGIANI
“Era uno di quei giorni di fine aprile in cui ti accorgi improvvisamente che sta arrivando l’estate, perché il sole non vuole decidersi a tramontare mai. Tu prepari la cena, finisci i mestieri, vorresti riposare, ma le ombre si allungano a dismisura senza mai essere invase dal buio della notte e la sera diventa quel tempo infinito che ritarda il concludersi della giornata. Tempo per godersi l’aria fresca, le farfalle che ballano tutto intorno, per assistere al miracolo della vita.
In uno di quei giorni di fine aprile arrivò Don Gianni in bicicletta, lo vidi lanciarla contro lo steccato e venirmi incontro urlando: «Accendi la radio! Accendi la radio!»
(…)
Era stato un anno lunghissimo, con poche notizie da parte di Riccardo e Pietro, in cui noi quattro ci eravamo stretti l’uno all’altro per sopravvivere alla tristezza e all’incertezza in cui stagnavamo.
Inizialmente avevo provato a seguire le notizie alla radio tutte le sere, per sapere se stessimo giungendo a una fine di quella maledetta guerra, se gli Alleati ci avrebbero liberati prima o poi, ma mi ero accorta ben presto che ciò mi causava un’apprensione sempre maggiore. Ogni volta che sentivo di antifascisti arrestati, ribelli uccisi su due piedi, di arresti di famiglie intere sospettate di avere qualche contatto con i partigiani cadevo nello sconforto più totale, mi sedevo sulla poltrona a fianco della stufa e rimuginavo su quanto appreso, senza badare a ciò che facessero i bambini, a indovinare possibili scenari futuri, credibili sviluppi. Mi sentivo in trappola, mi mancava il respiro, perché da ogni parte guardassi mi pareva sempre più improbabile che saremmo sopravvissuti.
(…)
Non ci volle molto per sentire una voce gracchiante recitare:
«Preghiamo tutte le stazioni alleate e tutte le persone che ascoltano di voler comunicare al Comando alleato più prossimo che Genova è libera. Genova è stata liberata dai suoi patrioti durante la notte dal 23 al 24 aprile.(…)”.
Qualche secondo di silenzio e il messaggio riprendeva da capo.
Alzai gli occhi su Don Gianni che sorrideva al colmo della felicità.
«È da stamattina che lo ripetono!» disse.
«Siamo liberi…» aggiunsi.
Mi voltai verso i bambini.
«Siamo liberi!»
(…)
Adesso cominciava la vera attesa, quella fatta di speranze che avrebbero potuto dissolversi facilmente, insieme all’aspettativa di tornare a vivere la nostra vita di un tempo. Se non fossero tornati a breve, avrebbe voluto dire che li avevamo persi. Per sempre.
Guardai Don Gianni di sfuggita: anche dal suo volto traspariva, oltre la felicità per la liberazione, l’apprensione per i suoi ragazzi.
«Sai niente di loro?» sillabai senza far uscire un filo di voce.
Lui scrollò la testa e abbassò lo sguardo.
Passò qualche giorno; la gente cominciava a uscire di casa, si vedevano persone passeggiare per i sentieri intorno alla fattoria, come se tutti, adesso, avessero bisogno di riprendere confidenza con l’ambiente circostante. Andammo in paese un paio di volte a salutare amici, a incrociare sguardi di madri e mogli che attendevano, come me, il ritorno dei partigiani.”

Questo è un brano tratto dal mio romanzo:
“L’impromissa”, Sperling&Kupfer

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