Storia di una caffettiera

La mia caffettiera è cambiata.
Le ho sostituito la guarnizione, quella vecchia si è bruciata in un tentativo di mio figlio di fare il caffè da solo.
E adesso, per fare quello che faceva prima, tre tazzine di caffè, ci mette di più. 
La prima volta che ha gorgogliato sono corsa a spegnere il fuoco, ma di tazzine non ne riempiva neppure mezza.
Ora deve gorgogliare per un sacco di tempo, e il caffè esce piano piano, goccia goccia.
Ho sbagliato tempistiche per diversi giorni.
Ho dovuto conoscerla di nuovo, non è la stessa di prima, ho dovuto imparare da capo i suoi tempi, accorgermi di lei, che da molto, ormai, era un’abitudine di fondo.
Ora mi sono abituata di nuovo, non mi piace, questo suo nuovo atteggiamento, ma lo accetto, perché lei, dai, lei è la mia caffettiera, dodici anni di caffè con mio marito, con le amiche, il caffè del buongiorno e quello del “devo rimanere sveglia, devo rimanere sveglia”, il caffè prima di studiare, c’ho passato qualche esame con lei, e il caffè del relax con un buon libro.
I cambiamenti a volte ci sono, anche inaspettati, anche indesiderati, a volte non dipendono neppure dalla volontà di chi cambia.
Un cambiamento, a volte, fa nascere nuove domande: cosa ti è successo, chi ti ha bruciato, i tuoi tempi sono gli stessi di prima? E non sempre ci sono le risposte giuste.
Non lo so, è successo, ma ora, ora sono qui, sono così.
Ma sono sempre io.
Non ho gli stessi tempi, no, faccio fatica, sono scomoda, antipatica, ti dico le cose goccia goccia.
Ma alla fine, se hai la pazienza di aspettarmi, di conoscermi di nuovo, di ascoltare il mio gorgoglio, alla fine, sono sempre io.
Quella che riempie tre tazzine.
Piene.

Chiara Ferraris

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